domenica 27 febbraio 2011

Adolescenti obesi (e dipendenti)


Il sovrappeso sarebbe solo una faccia di una generale tendenza a non poter fare a meno di sostanze, fumo, alcol, gioco d'azzardo o, appunto, cibo

I bambini e gli adolescenti italiani sono fra i più obesi d'Europa, ormai non è un segreto per nessuno: la percentuale di ragazzini più che sovrappeso è intorno al 6 per cento nel Nord Italia e oltrepassa il 17 per cento al Sud. Ma che cosa c'è dietro i chili di troppo, nella vita di questi ragazzi? Come vivono in famiglia, hanno altre "debolezze" oltre al cibo? Alcuni ricercatori dell'Istituto di Fisiologia del CNR di Pisa se lo sono chiesto, indagando i comportamenti degli adolescenti italiani obesi attraverso l'analisi di oltre 40mila questionari spediti ad altrettanti studenti fra i 15 e i 19 anni nell'ambito dello studio ESPAD ("European School Survey Project on Alchool and other Drugs"). Le risposte date dai ragazzi obesi dipingono il ritratto di adolescenti sofferenti, che in un caso su quattro sono in preda a quella che i ricercatori hanno battezzato "sindrome della dipendenza": in questi giovani l'obesità, in altri termini, sarebbe solo una faccia di una generale tendenza a non poter fare a meno di sostanze, fumo, alcol, gioco d'azzardo o, appunto, cibo.
Shopping, gioco d'azzardo: questi ragazzi troppo fragili
DIPENDENZE - «I ragazzi obesi si rapportano al cibo in modo bulimico, compulsivo e ne sono di fatto dipendenti; inoltre, questi adolescenti fanno uso di allucinogeni, stimolanti, perfino cocaina o eroina più spesso dei loro coetanei normopeso», spiega Sabrina Molinaro del CNR di Pisa, coordinatrice della ricerca assieme alla collega Francesca Denoth. «La dipendenza è essa stessa una malattia, indipendentemente dall'oggetto o dalla situazione di cui non si riesce a fare a meno. E le "vie biologiche" delle diverse dipendenze hanno elementi in comune: il nucleo accumbens nel cervello, ad esempio, è coinvolto in tutte le forme di dipendenza - interviene Gianluigi Conte dell'Istituto di Psichiatria e Psicologia dell'università Cattolica di Roma -. Poi, a seconda del temperamento della persona, delle sue esperienze e delle occasioni che si presentano, la "sindrome da dipendenza" diventerà abuso di sostanze, eccesso di cibo, comportamento compulsivo o un mix di questi. Ci sono ragazzi che cercano l'eccitazione, altri che vogliono la calma, quelli che preferiscono ipnotizzarsi di fronte alle slot-machine, quelli che si nascondono dentro un corpo enorme». Stando ai dati raccolti dai ricercatori pisani, nelle ragazzine la correlazione fra l'obesità e altre forme di abuso di sostanze è ancora più forte e alcune dipendenze, ad esempio quella dal gioco d'azzardo, sembrano quasi esclusivamente femminili.
MASCHI E FEMMINE - «Le differenze fra maschi e femmine sono evidenti attorno ai 15-16 anni, quando sono soprattutto le ragazze a incanalare la sofferenza nel vedersi obese in comportamenti "devianti". Probabilmente dipende dal fatto che i ragazzini, a quell'età, sono ancora un po' "bimbi" mentre le adolescenti sono più consapevoli, non si accettano e patiscono di più la loro non-rispondenza ai modelli di bellezza proposti dalla società - osserva Molinaro -. I nostri dati, inoltre, confermano che gli adolescenti con problemi di peso passano più tempo degli altri di fronte alla tv e ai videogiochi: i genitori dovrebbero porsi qualche domanda se i figli sono spesso soli a casa, hanno comportamenti insoliti e tendono ad accumulare peso. Purtroppo però i rapporti familiari degli adolescenti obesi con comportamenti di dipendenza non sono dei più facili: il 30 per cento di loro non vive con entrambi i genitori o ha grossi problemi di relazione in famiglia». L'80 per cento dei ragazzi obesi con "sindrome da dipendenza" si circonda di amicizie sbagliate, che favoriscono l'uso di droghe; poco meno del 30 per cento non frequenta regolarmente la scuola. Ragazzi allo sbando, insomma, che avrebbero bisogno di una guida almeno in casa. «Oggi però molte famiglie sono disgregate e, anche se non sono la causa diretta dei comportamenti anomali dei giovani, di certo non aiutano a contenerli - sottolinea Conte -. Per questo nei giovani le terapie più efficaci delle dipendenze prevedono un approccio alla "alcolisti anonimi": il contatto con persone con lo stesso problema o con coetanei che si presume possano comprendere meglio i loro problemi aiuta i ragazzi a parlare senza vergognarsi e facilita la guarigione».

Per risolvere il problema della perdita di peso ...

Blogger Markus

mercoledì 23 febbraio 2011

Lo smog fa male al cuore


L'esposizione a livelli di inquinamento moderati
aumenta la mortalità in chi ha avuto un infarto

L'aria inquinata è un killer per il cuore: chi ha avuto un infarto ed è stato anche esposto allo smog è più a rischio di morte rispetto a chi ha respirato aria un po' più pulita. Lo sostiene uno studio condotto dalla Fondazione Toscana Gabriele Monasterio - CNR Regione Toscana e dall'Istituto di Fisiologia del CNR di Pisa, presentata a Stoccolma all'ultimo congresso dell'European Society of Cardiology.
SMOG - I ricercatori hanno cercato di capire se l'esposizione allo smog, anche se per brevi periodi e a livelli ritenuti sotto soglia rispetto ai regolamenti italiani ed europei, potesse in qualche modo influenzare le sorti di pazienti che erano stati colpiti da infarto. «Abbiamo utilizzato i dati biologici, strumentali e demografici di 134 pazienti che hanno avuto un infarto - racconta la coordinatrice dello studio, Cristina Vassalle della Fondazione Monasterio -. Poi abbiamo verificato i livelli di monossido di carbonio, particolato fine Pm10, biossido di azoto e ozono nelle 24 ore precedenti all'infarto, consultando i dati dell'Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale che sono disponibili liberamente su internet». Ebbene, quando il giorno prima all'infarto i pazienti erano stati esposti all'inquinamento, anche di livello moderato, avevano il triplo di probabilità di morire nei 19 mesi successivi. Probabilmente tutto ciò è il riflesso dell'aumentata infiammazione a livello cardiovascolare, stando ai dati biologici raccolti su questi stessi pazienti. Fatto sta che lo smog, anche quando non è a livello di guardia, fa parecchio male al cuore.
CONFERME - Non è la prima volta che lo si dimostra: «Dati dell'Organizzazione Mondiale della Sanità stimano in circa 3 milioni di morti l'anno l'effetto dell'inquinamento ambientale sulla salute umana. In particolare, sempre più studi epidemiologici e sperimentali indicano una relazione fra inquinamento atmosferico e malattia cardiovascolare», dice Vassalle. In passato, ad esempio, si è verificato che le polveri sottili irritano l'endotelio, la membrana che ricopre l'interno dei vasi sanguigni, creando i presupposti per la rottura delle placche aterosclerotiche; respirare particolato fine, inoltre, diminuisce temporaneamente l'elasticità delle arterie ed è stato osservato che ai picchi d'inquinamento corrispondono "sbalzi" cardiaci indicativi di un ridotto afflusso di sangue al cuore. Infine, si sa da tempo che il numero di infarti aumenta quando l'aria è più inquinata e il rischio raddoppia se si è già avuto un attacco cardiaco. I nuovi dati dei ricercatori pisani aggiungono un tassello a questo puzzle, ribadendo la pericolosità dello smog anche a lungo termine: pure l'aria inquinata respirata prima dell'infarto fa male, peggiorando le condizioni dei pazienti tanto da aumentarne la mortalità successiva.
SOGLIA - «Tutto questo suggerisce che potrebbe non esistere una soglia al di sotto della quale non c'è effetto dell'inquinamento sulla salute umana - aggiunge Vassalle -. Nello specifico, mentre è plausibile che un'esposizione a livelli moderati di smog possa non avere effetti su soggetti sani, in persone più sensibili le conseguenze sembrano essere significative, anche in presenza di modesti incrementi degli inquinanti atmosferici. Esistono verosimilmente gruppi di persone più suscettibili all'inquinamento: chi è a rischio cardiovascolare e d'infarto, chi soffre di diabete, le donne in postmenopausa. I dati in questo senso si stanno accumulando, e forse in un prossimo futuro tutto questo spronerà le autorità a modificare al ribasso i valori-limite dello smog: la politica ambientale di controllo e riduzione del tasso di inquinamento atmosferico deve infatti rappresentare un obiettivo primario nella strategia di prevenzione sanitaria e promozione della salute». Nel frattempo, forse, chi sa di avere il cuore non proprio in forma farebbe meglio a evitare di trovarsi nel bel mezzo del traffico delle ore di punta.

Un consiglio per il tuo cuore: ...


Blogger Markus

domenica 20 febbraio 2011

Depressione, junk-food sotto accusa



Troppi grassi fanno male all'umore

Uno studio spagnolo pubblicato su Plos One ha individuato un legame tra il consumo di grassi insaturi e i disturbi dell'umore. Dall'analisi su 12mila volontari è emerso il rischio di cadere in crisi depressive aumenta fino al 48%

Lo chiamano 'cibo spazzatura' e non è un caso. Panini, hamburger, patatine e salse di ogni tipo sono alimenti che se consumati in eccesso non solo fanno ingrassare, ma possono anche indurre il rischio di depressione. A sostenere che gli effetti negativi del junk food non si limitino ai chili di troppo, all'aterosclerosi ed alle malattie cardiache è uno studio spagnolo pubblicato sulla rivista Plos One 1. I ricercatori dell'Università di Las Palmas di Gran Canaria hanno rilevato che chi consuma molti grassi trans vede aumentare fino al 48% il rischio di sviluppare la depressione.

Per verificare il legame tra cattiva alimentazione e depressione i ricercatori hanno seguito per undici anni 12.059 volontari. In particolare ne hanno analizzato la dieta, lo stile di vita e le malattie. Con un questionario, convalidato telefonicamente, hanno stimato l'assunzione di grassi insaturi trans, acidi grassi monoinsaturi e grassi da cucina, come olio d'oliva, olio di semi, burro e margarina. Durante il follow up dello studio, una specie di periodo di verifica durato sei anni, sono stati rilevati 657 nuovi casi di depressione. E tra chi aveva consumato molti acidi trans - più dello 0,6% dell'apporto calorico giornaliero - il rischio di sviluppare la depressione era cresciuto fino al 48 per cento.

"Negli ultimi anni  -  dice Almudena Sánchez-Villegas, coordinatrice della ricerca - abbiamo assistito a un aumento dell'incidenza dei disturbi depressivi che è andato di pari passo con un cambiamento radicale delle abitudini alimentari, ottenuto con l'introduzione nella dieta di molti grassi insaturi. Lo scopo del nostro studio è stato quello di valutare proprio il modo in cui la dieta e i vari sottotipi di grasso possono incidere sul rischio di depressione". il team non ha invece riscontrato alcuna associazione tra lo sviluppo del male e il consumo di olio d'oliva e di grassi 'sani', quei cibi cioè tipici di una dieta mediterranea ricca di pesce, frutta, verdura.

"Abbiamo rilevato - dice Sánchez-Villegas  -  che questo tipo di grassi sani sono associati a un minor rischio di sviluppo della depressione. Ma lo stesso discorso non si può fare per i grassi tipici proprio del junk food". Gli effetti di grassi trans sul tono dell'umore, dicono i ricercatori, dovrebbero però essere approfonditi con uno studio sugli americani: nelle abitudini alimentari Usa, infatti, circa il 2,5 per cento dell'apporto energetico deriva da grassi trans, principalmente contenuti in  alimenti artificiali.

mercoledì 16 febbraio 2011

PRODUZIONE DI ENERGIA A LIVELLO CELLULARE


Una carica di energia extra.... subito!

Il corpo umano ha 60 trilioni di cellule che hanno bisogno di NADH per funzionare al meglio.
-NADH è un enzima primario per il corpo ed è correlato alla produzione di energia
-Maggiore è la quantità di NADH di cui le cellule dispongono, maggiore risulta essere la quantità di ATP* prodotto
-Senza caffeina, zuccheri e calorie ␣ Senza coloranti né aromi artificiali

Per quando sei attivo e il tuo corpo chiede di più
-Per le volte in cui hai bisogno di una sferzata di energia extra
-Per quando devi andare avanti e non puoi permetterti di fermarti...

NADH aiuta ad innescare il ciclo di produzione di ATP a livello cellulare
Maggiore è la quantità di NADH disponibile, maggiore sarà la quantità di ATP prodotta dalle cellule.
Tutti abbiamo bisogno di NADH non solo per alimentare le cellule ma anche per far funzionare il corpo, come ad esempio anche per muovere un braccio o battere le ciglia, pensare ed addirittura respirare!

Cos’è NADH?
NADH è il coenzima primario che alimenta più di mille processi metabolici dell’organismo. In pratica, è “carburante” per le cellule.

Come viene utilizzato NADH dal corpo?
L’NADH aiuta ad innescare il ciclo attraverso il quale si produce ATP. Tale processo risulta estremamente complesso ed attraverso di esso viene creata l’energia necessaria al funzionamento delle cellule. La mancanza di NADH a livello cellulare, provoca una carenza di ATP e di conseguenza della complessiva energia disponibile per il corpo.

Perché abbiamo bisogno dell’NADH?
La diminuzione dei livelli di energia è un processo fisiologico che si verifica con il passare del tempo. L’NADH aiuta la naturale produzione di energia, innescando il ciclo di produzione di ATP. QuickSpark è un modo pratico per incrementare la propria energia, attraverso un’integrazione di NADH.

Per i professionisti e le persone in carriera
-Con la costante necessità di aumentare i livelli di concentrazione
-Con il crescente bisogno di attenzione
-Con la necessità di dover fronteggiare situazioni altamente sfidanti

Per chi studia o chi fa un lavoro a turni
-Con la necessità di avere energia sempre a disposizione
-Con il bisogno di essere sempre attenti e concentrati

Per gli over 60
-Con il bisogno di essere energici ed attivi
-Con il desiderio di essere sempre più vitali

Vuoi saperne di più? Guarda su ...

martedì 15 febbraio 2011

Anziani, vita sociale contro il declino
, chiacchierare preserva la memoria


Secondo molti studi scientifici, avere delle relazioni sociali costanti contribuisce a rallentare il "calo"  delle facoltà cognitive portato dall'età. Una nuova ricerca lo conferma, rimarcando che però la solitudine è una delle emergenze della società per gli ultra 65enni

Problemi a ricordare il nome delle persone o quello che dovete comprare al supermercato? Provate a fare una telefonata e a parlare con qualcuno. La provocazione arriva dai ricercatori dell'Università di Zurigo che hanno dimostrato che parlare ed avere relazioni sociali può essere efficace per il miglioramento della memoria degli anziani quanto l'uso dei cosiddetti "brain games", i videogiochi che allenano la memoria.
 
I ricercatori di Zurigo hanno comparato 36 studi sugli esercizi di potenziamento della memoria condotti tra il 1979 e il 2007 e i cui risultati sono stati pubblicati dalla Cochrane Library. Alcuni studi suggeriscono che sia gli anziani sani, sia quelli affetti da lievi problemi cognitivi, ricordano le parole meglio dopo aver svolto alcuni esercizi per la memoria. Ma, in base ad altri studi, gli stessi miglioramenti si ottengono anche avendo una semplice conversazione.

"In base ad alcuni studi pubblicati - spiega Mike Martin, uno degli autori della revisione scientifica - sembra che l'interazione sociale garantisca gli stessi risultati degli interventi di natura cognitiva". Dunque, per mantenere viva la memoria dei nostri anziani e non solo, potrebbe bastare una vita sociale più attiva. "Così come un bambino per sviluppare le proprie capacità cognitive ha necessità assoluta di essere costantemente stimolato socialmente, altrettanto un anziano, che si avvii a un decadimento cognitivo, ha bisogno di relazioni interpersonali non solo per tenere alto il proprio tono dell'umore, ma anche per mantenere in attività la mente" conferma Gabriele Melli, presidente dell'Istituto di psicologia e psicoterapia comportamentale e cognitiva 1 di Firenze.

Per i ricercatori questa scoperta fa emergere l'epidemia silente della grande solitudine degli anziani. Secondo il dottor Martin, la maggior parte degli anziani conduce uno stile di vita solitario che spesso causa un lento declino cognitivo che si traduce in perdita di memoria, incapacità di fare programmi e di concentrarsi o svolgere alcuni compiti con la stessa abilità e velocità di prima. Il normale tasso di declino sembra accelerare in alcuni anziani portando a una condizione nota come lieve disturbo cognitivo che secondo alcuni ricercatori è un fattore di rischio per lo sviluppo della demenza.

Anche se diversi studi, sostiene Martin, hanno dimostrato che gli esercizi di allenamento della memoria possono ritardare o addirittura evitare il declino cognitivo, è pur vero che sia gli studi sia i vari tipi di training possono variare notevolmente. Ecco perché resta di fondamentale importanza garantire agli anziani una vita di relazione attiva e tante chiacchierate.

La perdita della memoria, comunque, inizia molto prima di quanto si possa pensare: "Dal punto di vista neurologico - spiega Melli - il decadimento delle funzioni cognitive inizia intorno ai 24 anni di età. Il momento in cui si cominciano ad avere problemi significativi di memoria, che possono interferire con la vita quotidiana, dipende quindi da quanto questo decadimento è rapido e da quanto è allineato con il corrispondente decadimento fisico. Non esiste un'età uguale per tutti e in gran parte il fenomeno è determinato dal tipo e dalla quantità di allenamento cognitivo e dalle stimolazioni mentali cui la persona è quotidianamente sottoposto".

In genere, la prima memoria a decadere è quella a breve termine, non tanto quella relativa a eventi accaduti molto tempo addietro. "Per contrastare il più possibile questo processo - suggerisce lo psicoterapeuta - è fondamentale la ginnastica mentale, ovvero qualunque tipo di compito che obblighi la persona a far lavorare la memoria a breve termine. Sono certamente utili i brain games, come i giochi enigmistici, ma qualunque altro compito mentalmente impegnativo potrebbe dare gli stessi risultati".

Allenare la mente quando si è anziani, comunque, fa bene anche per allontanare il rischio di Alzheimer. Secondo i ricercatori del Rush University Medical Center di Chicago, infatti, stimolare regolarmente le funzioni cognitive aiuta il cervello ad allontanare i sintomi di demenza senile. Il rovescio della medaglia è che, se poi la malattia compare, il suo decorso è più rapido.

E poi la nostra fortuna è che da ieri abbiamo un grande aiuto ... (inserire link quick start)

giovedì 10 febbraio 2011

Le tre mosse contro la cellulite




Le armi di una efficace strategia contro cellulite e ritenzione idrica sono: menu mirato, tanto movimento e trattamenti estetici. Vediamoli nel dettaglio

La cellulite è un inestetismo molto comune, temuto dalle donne di ogni età, che conferisce alla pelle un tipico aspetto gonfio e spugnoso brutto alla vista e doloroso al tatto. Il suo processo di formazione comincia dalla “classica” ritenzione idrica. Se i liquidi non vengono drenati, il gonfiore arriva a lacerare le membrane che avvolgono le cellule che contengono i grassi. I grassi a quel punto fuoriescono e comprimono i capillari fino a creare un danno ai tessuti.
Purtroppo, come possiamo immaginare, si tratta di un problema difficile da debellare. Prenderlo per tempo e fare in modo che non degeneri verso gli stadi più avanzati è dunque la strategia migliore per affrontarlo. In breve, meglio darsi da fare nella primissima fase: i risultati saranno visibili in tempi relativamente rapidi. Più tardi si agisce, invece, più complicato sarà ottenere dei miglioramenti significativi.

Le armi che abbiamo a disposizione contro la cellulite sono: menu mirato, tanto movimento e trattamenti estetici. Non si può prescindere da nessuno di questi fattori. Vediamoli nel dettaglio.
La dieta deve contenere:
- il giusto apporto di fibre utili per dare una mano all’intestino
- verdure dalle proprietà diuretiche e drenanti
- frutta ricca di vitamina C per rinforzare i capillari e ridurre il gonfiore
- più proteine per accelerare il metabolismo
- meno carboidrati per rallentare l’accumulo di adipe
- erbe per favorire l’eliminazione delle scorie e rivitalizzare i tessuti

Ecco dunque un breve elenco di alimenti da inserire nel menu anticellulite: cereali integrali, agrumi, pomodori, asparagi, carciofi, uva nera, peperoni, kiwi, rucola, spinaci, broccoli, cavolfiori, lattuga, ananas, pesce azzurro e carne magra di vitello, pollo e tacchino.
Quanto ai principi attivi vegetali “addetti” alla depurazione e al miglioramento della circolazione si segnalano: tè verde, centella, mela, mirtillo, rusco, amamelide, ippocastano, betulla, tarassaco, ananas.
Il movimento deve essere fondato su:
- attività di tipo aerobico per aiutare la circolazione, aumentare l’ossigenazione e contrastare ritenzione idrica e sovrappeso
- esercizi per rassodare i punti critici (pancia, fianchi, cosce e glutei)

Infine, per essere efficaci i trattamenti estetici devono:
- agire dall’interno e dall’esterno
- contenere ingredienti naturali riconosciuti per i loro effetti drenanti, depurativi e di riattivazione del microcircolo e del tono venoso
- favorire l’eliminazione dei grassi in eccesso
- decongestionare i tessuti, levigare la pelle penetrare a fondo

Gli estratti contenuti nel Body Buffing e Body Contouring rispondono a questi requisiti: a base di acidi multipli della frutta e delle piante favoriscono il processo di esfoliazione della pelle e migliorano il tono della pelle idratandola e ammorbidendola, combattendo in modo efficace la pelle a buccia d’arancia.

Agendo dall’interno si combatte con una buona alimentazione ricca di nutrienti partendo dal Formula 1 e dall’integratore Proteico Formula 3, un giusto apporto di Multifibre, di piante drenanti e di vitamina C contenute nel Mineral Complex, di Tè verde che troviamo nell’infuso alle erbe The Thermojetics, e di un giusto apporto di omega 3 come Herbalifeline per la circolazione venosa.

Blogger Markus

giovedì 3 febbraio 2011

La dieta dei calciatori


Spesso l'ispirazione per un articolo da pubblicare viene durante la vita di tutti i giorni ...
Frequento un corso di Inglese all'Università delle 3 età, non perchè sono ormai un pensionato, ma perchè
voglio utilizzare il mio tempo libero per migliorare la mia cultura quando posso, e parlare bene altre lingue
lo ritengo importante.
Ecco che settimana scorsa la nostra professoressa ci mette alla prova con un dettato, argomento la dieta dei calciatori ...

"Nel passato i calciatori non prestavano particolare attenzione a quello che mangiavano e neanche i loro allenatori. Ma al
giorno d'oggi tutto è cambiato e addirittura le squadre nazionali e i migliori Club del mondo viaggiano sempre con il loro
cuoco personale, in modo da essere sicuri di quello che mangiano i loro calciatori.
La nutrizione è importante allo stesso modo dell'allenamento e il miglior stile di vita influenza in meglio le prestazioni
sul campo dei calciatori.
Quindi oggigiorno la birra e le patatine fritte sono OUT, mentre acqua minerale e verdure sono IN.
Questo aiuta certamente la forma fisica dei calciatori, ma loro amano veramente mangiare così?
E quando si ritirano dell'attività agonistica continueranno a mangiare in modo equilibrato? Probabilmente NO."


L'attività sportiva, attraverso la corretta intensità, quantità e successione delle sedute di allenamento, stimola l'organismo a modificarsi per migliorare alcune sue caratteristiche. L'organismo deve essere però in condizioni ottimali prima, durante e dopo l'allenamento. Infatti, solo se siamo in condizioni ottimali DOPO l'allenamento, gli stimoli creati DURANTE l'allenamento possono produrre gli effetti desiderati.

Solo se siamo in condizioni ottimali NEL RESTO DELLA GIORNATA l'organismo può recuperare pienamente dall'usura provocata dallo stress dell'allenamento e può rispondere adeguatamente agli stimoli da questo proposti. Gli stimoli creati da un allenamento NON si esauriscono infatti al termine della seduta e le risposte dell'organismo possono proseguire per molte ore e, in certi casi, addirittura giorni.
Le condizioni ottimali sono principalmente, oltre quelle psicologiche, quelle determinate da una corretta alimentazione, tenendo conto dei seguenti fattori:
-Fattore ENERGETICO
-Fattore PLASTICO - RIGENERATIVO
-Fattore REGOLATORE - PROTETTIVO
-Fattore IDRICO - CIRCOLATORIO
-Fattore TEMPO

per saperne di più ...

Blogger MArkus